All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, il deputato Paolo Beni e l'art director della campagna di comunicazione Mauro Terlizzi.
L'iniziativa si propone di sensibilizzare l'opinione pubblica decostruendo i messaggi illusori di "vincite facili" diffusi dall'industria dell'azzardo. Sono stati realizzati due spot tv e due spot radio (con protagonisti rispettivamente un uomo e una donna), un manifesto, due locandine, una vetrofania, un cartello rotair, un banner per i siti, immagini coordinate per Facebook e Twitter. Per il lancio della campagna di comunicazione, Mettiamoci in gioco ha attivato anche un proprio account Twitter e sta per aprire pagine Facebook locali co-gestite con i Coordinamenti regionali della Campagna.
"Il messaggio che lanciamo con questa campagna di sensibilizzazione", spiega don Armando Zappolini, portavoce di Mettiamoci in gioco, "è molto chiaro: attenzione, non fatevi abbindolare dalla pubblicità dei giochi d'azzardo. Non avete 'quasi vinto' e non 'vincerete facile'. Anzi, è vero piuttosto che 'più giochi più perdi, è matematico', come diciamo nei nostri materiali di comunicazione. E il consumo di azzardo può dar luogo ad abuso e dipendenza, con conseguenze molto negative per sé, per le persone che ci sono accanto, per la società. Per raggiungere l'opinione pubblica punteremo, prima di tutto, sui mezzi e sulle strutture delle organizzazioni che aderiscono alla Campagna a livello nazionale e locale. Ogni aderente si impegna a far circolare i materiali della campagna all'interno della propria rete, nei luoghi e negli incontri che organizza a tutti i livelli. Insomma, invece di investire soldi per acquistare spazi pubblicitari, scommettiamo sulle relazioni sociali, sulla mobilitazione delle nostre organizzazioni, dei nostri soci e volontari. Ma rivolgiamo un invito particolare a unirsi a noi anche ai Comuni, da quelli più piccoli alle città metropolitane: promuoviamo insieme un messaggio forte rivolto ai cittadini."
"L'impegno che mettiamo in questa campagna di comunicazione", continua don Zappolini, "è però anche un appello lanciato alle Istituzioni e alla politica: suona la campanella, è ora di prendere decisioni precise e coraggiose, a cominciare dall'approvazione della prima legge quadro sul gioco d'azzardo in Italia, da quanto sarà contenuto in materia nella legge delega fiscale e dal riconoscimento, finalmente, del gioco d'azzardo patologico nei Livelli essenziali di assistenza garantiti dallo Stato, per i quali vanno stanziate risorse economiche aggiuntive rispetto a quelle ora previste nel Fondo sanitario. Ogni persona che ha problemi di dipendenza deve poter contare su un aiuto professionale e facilmente accessibile da parte dei servizi pubblici e del terzo settore accreditato."
IL FENOMENO. Il gioco d'azzardo ha conosciuto un successo travolgente nel nostro paese, tra i primi al mondo per consumo di giochi. Si è passati da un fatturato di 24,8 miliardi di euro nel 2004 agli 88,5 miliardi del 2012. Solo nel 2013 vi è stato un leggero calo del fatturato, fermatosi a 84,7 miliardi, probabilmente per la dura crisi economica che sta attraversando il paese. Il 56,3% del fatturato viene dagli "apparecchi" (slot machine e vlt), ma è in significativa ascesa il gioco on line.
È importante notare che al crescere del fatturato non è seguito un maggior introito per lo stato (sotto forma di tasse). Nel 2004, l'erario ha incassato dall'azzardo 7,3 miliardi di euro (pari al 29,4% del fatturato complessivo), mentre nel 2013 ha registrato un'entrata di 8,1 miliardi (pari al 9,5% del fatturato, nel 2013 era stato addirittura il 9%). Dunque, una cifra non indifferente per le finanze pubbliche, ma molto più bassa del giro d'affari attivato dal settore, con le sue pesanti ricadute sociali e sanitarie che comportano un notevole dispendio di risorse economiche per farvi fronte.
Il Cnr stima in 17 milioni (42% delle persone residenti in Italia tra i 15 e i 64 anni) il numero di coloro che hanno giocato almeno una volta in un anno, in 2 milioni gli italiani a rischio minimo e in circa un milione i giocatori ad alto rischio (600-700mila) o già patologici (250-300mila).